La Dolina Celtica di Basovizza

Il Carso è un luogo “magico”, giacchè il connubio fra le antiche religioni e quelle attuali ha creato Arte e Ritualità assai interessanti e degne di essere studiate.

La cosiddetta “dolina celtica” di Basovizza è non solo uno dei luoghi più affascinanti del Carso, ma anche uno dei più misteriosi; tanto da aver generato un vero florilegio di ipotesi sulla sua origine, ed una suggestiva leggenda.

NOTA – [Una dolina è una depressione del terreno che sovente è stata usata per contenere greggi e altri animali. Spesso antiche tombe, soprattutto è il caso delle cosiddette “domus de janas” sarde, venivano utilizzate dai pastori per ripararsi dal freddo e dalle intemperie.]

Il luogo in questione si trova nel bosco, a sinistra della strada sterrata che da Basovizza conduce a Sesana: imboccata l’antica strada Basovizza – Sežana, percorse alcune centinaia di metri dopo lo stagno si apre una carrareccia sulla sinistra che affianca una pineta (Bosco Comunale Impero) e sul lato opposto una luminosa e vasta dolina, ripulita da poco dalla vegetazione.

coordinate del sito: 45-39-04-82 N 13-51-40-83 E con Google Earth

È di proprietà privata ma conserva sul fondo un interessante struttura unica nel suo genere: un anfiteatro realizzato in muratura a secco, chiuso da un muro lungo 27 metri e alto fino a 2 metri, che contiene un terrapieno di terra rossa sotto al quale si sviluppa un corridoio di 4 metri che porta ad un vano del diametro di quasi 2 metri. Rispetto ad una normale dolina ci troviamo quindi di fronte a qualcosa di diverso e megalitico, costruito non senza una degna motivazione, date le enormi forze lavoro che sono state impiegate per la costruzione del sito. Infatti la grandezza dei massi attorno all’entrata del vano talvolta supera i 2 metri di lunghezza per i 50-80 centimetri di altezza!

La dolina, profonda circa 6 metri, ha una forma triangolare; lungo il lato sud un muro massiccio sostiene un ripiano artificiale, sotto il quale si apre una cavità, una cameretta circolare, a cui si accede per un corridoio con il soffitto di grandi lastre calcaree.

Gli altri due lati della dolina sono costituiti da gradoni, costituiti da massi megalitici e con un riempimento caotico di pietrame. I gradoni verso nord-est sono meglio conservati, mentre gli altri (forse incompiuti) sono parzialmente crollati.

Un’altra stanza ipogea, dotata di due piccole finestre e con il soffitto a falsa cupola, si trova lungo una delle gradinate.

Un elemento curioso sono una serie di rozze steli, parzialmente scolpite: sorta di piccoli menhir, originariamente distribuiti lungo tutti i gradoni e sul ripiano artificiale; oggi molti sono crollati ed altri purtroppo, nel corso del tempo asportati. La sommità di queste steli è a forcella, come a servire da sostegno per una balaustra.

Fino agli inizi del ‘900 tutta la costruzione era circondata da un massiccio muro di pietra, dotato di un unico ingresso. Questo muro fu demolito per ricavarne materiale per le dighe foranee del Punto Franco Nuovo.


Certamente non si tratta di una delle normali doline, spietrate ed attrezzate con gradoni a fini agricoli: non pare che la dolina sia mai stata coltivata, e le ridotte dimensioni non avrebbero mai giustificato un tale lavoro (alcuni dei massi impiegati nella costruzione pesano più di 2 tonnellate!)Saggi di scavi archeologici non hanno fornito risultati significativi: nell’ipogeo inferiore sono stati trovati alcuni cocci romani e protostorici, la cui origine non è però determinabile con certezza.Chi può aver realizzato una simile struttura? Per quale motivo ed in quale periodo? I muri carsici che delimitano le vicine proprietà sono particolarmente alti e spessi, le pietre usate sono di dimensioni inusuali. Saggi di scavo effettuati negli anni 60 però hanno dato risultati incerti per ritrovamenti, hanno evidenziato invece la scarsa profondità delle fondazioni della costruzione nella zona bassa, dai 20 ai 40 cm, segno di un tempo storico non troppo lungo dalla sua costruzione.

Questa costruzione viene citata per la prima volta nel 1630, in un documento relativo alle confinazioni tra il territorio di Trieste e la contea di Schwarzenegg di Benvenuto Petazzi (capitano imperiale di Trieste dal 1631 al 1636, conte di San Servolo, Castelnuovo e libero barone di Schwarzenegg); tra i riferimenti di confine, viene citata una “vale o Dolina nella quale dicessi già stato un Cortile dei Misteri.” Quindi, già allora l’origine e la finalità di tale costruzione erano sconosciute anche se il nome “Cortile dei Misteri” potrebbe darci un indizio.

Come prevedibile, una ridda di ipotesi sono state formulate per spiegare l’origine di questo complesso: una sepoltura a dolmen, un tempio dei Carni di religione celtica, un luogo di culto medievale della setta dei bogomili, un semplice luogo di raduno collettivo? Si andrà quì ad elencarle sinteticamente, senza preoccuparsi di confutarle (anche perché, date le premesse, anche la più inverosimile di tali ipotesi è comunque legittima):

Tempio celtico al dio Cernunnos

Vi è chi vi vede un tempio celtico dedicato al dio celtico Cernunnos (per i celti spirito divinizzato degli animali maschi cornuti, specialmente dei cervi, un dio della natura associato alla riproduzione ed alla fertilità) in riferimento al fatto che in questa zona dal IV sec. a.C. erano insediati i Carni, una tribù di lingua e cultura celtica; effettivamente l’ipogeo sarebbe abbastanza simile alle tombe dolmeniche, se non fosse per la copertura a volta. Chi sostiene la teoria del tempio non ha dubbi nell’affermare che sicuramente veniva utilizzato dalle antiche popolazioni carniche come luogo sacro, all’interno del quale avvenivano particolari rituali nei confronti di diverse divinità antiche. Lo stesso vano conferma questo tipo di utilizzo, spesso vi erano piccole stanze dove i sacerdoti potevano ritirarsi o mostrarsi ai credenti che partecipavano al culto.

NOTA – I Carni erano un popolo di lingua e cultura celtiche storicamente stanziato, a partire dal IV secolo a.C., nella regione alpina orientale [ http://it.wikipedia.org/wiki/Carni ]

Tribunale celtico

Vi è chi, sempre rifacendosi alla cultura celtica, vi ha riconosciuto un tribunale usato dalle tribù residenti attorno al primo/secondo secolo avanti Cristo; al fine di esporre tale teoria vi rimandiamo alla visione di questo bel filmato, che presenta la “dolina celtica” nella suggestione invernale:

LINK YOUTUBE [ http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=fDglnIc4Sn4 ]

(Sergio Sergas __ Basovizza presso Trieste 11 febbraio 2013)

Sede dei Bogomili

E’ detta anche “Dolina dei Bogomili”, per delle similitudini architettoniche con siti archeologici della Bosnia-Erzegovina riconducibili all’eresia bogomila. Il Bogomilismo fu una setta eretica cristiana, che nacque nel X secolo come derivazione dalla setta affine dei pauliciani; si sviluppò nel XIII secolo anche in Serbia e Bosnia, e successivamente influenzò la nascita del movimento dei catari.Sono molto labili gli indizi che potrebbero legare questo dolina al bogomilismo; però non è inverosimile ipotizzare che, nella migrazione dalla Bosnia verso l’Occitania, un gruppo di Bogomili si sia fermato nelle nostre zone.

 

 

Teatro Istriota

La struttura della costruzione ricorda proprio quella di un teatro; inoltre nei pressi si trovava un serraglio, luogo di mercato del bestiame, e quindi tradizionale punto d’incontro.Poiché questa teoria non riuscirebbe a dare una collocazione precisa nel tempo all’edificazione di questo teatro, e poiché lo stesso sembra del tutto alieno alla popolazione autoctona slovena, fu attribuito a genti istriane, che sarebbero giunte periodicamente nel luogo proprio per i commerci di bestiame.Io peraltro osservo che l’ipotesi che si tratti d un teatro è suffragata anche dal nome “Cortile dei Misteri” attribuitogli nel 1630.  Infatti a partire dal XV sec. il “mistero” era una rappresentazione del teatro popolare a carattere religioso.

La leggenda di Sterpacevo

La storia tramandata nella famiglia dei proprietari del luogo è particolarmente strana, la costruzione sarebbe stata fatta da alcuni pastori e addetti alle stalle e da stagionali assoldati per la fienagione e risalirebbe a prima della Prima Guerra Mondiale.Su questa versione si è inserita una leggenda, l’enorme forza di un solo uomo e la presenza di un tesoro in oro. Secondo tale leggenda, tutto il complesso fu eretto in pochi mesi da un contadino dalla forza erculea, per nascondere il tesoro del suo padrone.

Gherlizza M., 1989: 83 — Su questa strana dolina esiste solo una leggenda, che indica come costruttore dell’anfiteatro un uomo dalla forza erculea, chiamato, “Sterpacevo”, cioè “Zappatore”. Dovete sapere che, molto tempo fa, viveva in questi luoghi una persona molto ricca che aveva un servo di nome Sterpacevo. Era, costui, un uomo enorme, di statura gigantesca e dotato di una forza sovraumana. Un giorno il padrone, avendo saputo dell’arrivo di una banda di briganti, chiamò Sterpacevo e gli consegnò tutte le sue ricchezze, ordinandogli di nasconderle in un posto sicuro. Il gigante prese il tesoro e andò in mezzo ad un bosco. Lavorando tutta la notte, scolpì con i pugni le rocce a forma di enormi gradini, sollevò enormi pietre e le piantò simili a colonne. Poi, dopo aver livellato il terreno al centro, scavò nella roccia una stanza sotterranea nel cui interno seppellì il tesoro. All’alba il lavoro era finito! … Da allora, per molto tempo, nessuno osò andare in quello strano luogo che si era trasformato, come per magia, in una sola notte.

Gherlizza M., 1989 – Cannarella D., 1996 —  Dolina dello Sterpacevo. Alle spalle di Basovizza si trova una dolina che presenta un curioso adattamento. All’interno sono stati costruiti a semicerchio tre gradini massicci e alcuni grossi blocchi sembrano delle colonne che circondano l’anfiteatro. Un lato presenta un lungo ripiano artificiale coperto di terra, sotto il quale c’è una sala a cui si accede per un breve corridoio, ma non si è mai scoperto perché sia stato costruito.

Postazione di artiglieria austro-ungarica

Questa è l’ipotesi più inverosimile e poiché, nella sua inverosimiglianza, è contemporaneamente anche quella formulata dalla fonte più autorevole è doveroso prendersi la briga di evidenziarne le incongruenze. Alla fine degli anni ’70 la locale Sovrintendenza liquidò la costruzione classificandola come postazione di artiglieria dell’esercito Austro-Ungarico, costruita nel 1915 per iniziativa di un capitano ungherese, che avrebbe fatto trasportare il materiale necessario  fin dalle cave di Monrupino. E’ improbabile però che ciò corrisponda al vero, per vari motivazioni. Intanto, anche a non voler prestar fede al documento del 1630, esistono testimonianze della sua esistenza già nei primissimi anni del ‘900 (ricordo che il muro circostante proprio in quegli anni fu demolito per recuperare il materiale per la costruzione delle dighe foranee); quindi, non può esser stata costruita nel 1915. Poi perché, con quella forma, non avrebbe potuto essere che una postazione per un mortaio di grosso calibro. La costruzione di queste postazioni non era casuale, ma dettata da ben rigorosi principi ingegneristici; di postazioni del genere ce ne sono diverse lungo le pendici dell’Hermada, alcune molto ben conservate; e chiunque si prenda la briga di confrontarle, non potrà non rendersi conto che sono del tutto differenti. Intanto mancano alcune strutture indispensabili ad una postazione di artiglieria (ad esempio, il bunker con l’ingresso a meandro per proteggere i serventi durante lo sparo). Poi, per la costruzione di queste postazioni veniva sempre fatto un certo uso di calcestruzzo – magari limitato (era un prodotto costoso e di limitata di disponibilità), ma ad esempio nelle file superiori dei conci veniva usato sempre, per solidarizzarli maggiormente. Il calcestruzzo è invece del tutto assente a Basovizza. Non si comprende poi perché avrebbero dovuto far arrivare fin da Monrupino rocce di quella dimensione, quando il medesimo risultato si sarebbe potuto ottenere con pietrame di pezzatura ben inferiore (come peraltro, sempre dagli austro-ungarici, è stato fatto proprio alle pendici dell’Hermada). Pare mancare poi la rampa di accesso, indispensabile per porre in batteria un pezzo di artiglieria di grosso calibro. Appare quindi veramente strano che la Sovrintendenza abbia voluto far propria un’ipotesi così bizzarra.

Concludendo dobbiamo arrenderci al fatto che il mistero rimane ancor oggi, ad ogni modo il luogo affascina ed incuriosisce tantè che voci dicono sia ancora utilizzato per Cerimonie magiche di tipo ctonio (divinità generalmente femminili legate ai culti di dèi sotterranei e personificazione di forze sismiche o vulcaniche), praticate prevalentemente da Occultisti triestini.


APPROFONDIMENTO — CARSO E RITUALITA’ NATURALI

Non è un caso che nel carso e i particolare nei pressi di Basovizza siano tanto diffuse storie di strani esseri che popolano i boschi, non per nulla nel Carso in particolar modo, sono conosciute molte tipologie antiche di riti, leggende e tradizioni pagane. Queste conoscenze sono direttemente collegate alle varie doline presenti in queste zone, confermando il fatto che venissero utilizzate per antichi rituali.

Anticamente veniva particolarmente prediletto il festeggiamento del solstizio, soprattutto quello estivo (21 giugno/21 dicembre). Tutti sanno che il 21 giugno è il giorno “più lungo” dell’anno e da quel giorno tutte le successive giornate si accorciano fino al corrispettivo 21 dicembre, in cui accade il contrario. Oltre all’esaltazione del sole che presenzia sulle tenebre molto a lungo, si ricorda che nel passato i Babilonesi vi festeggiavano anche il matrimonio tra il Sole e la Luna (probabilmente perchè il Sole restando in scena così tanto a lungo, riusciva ad incontrare la Luna). Anche in Italia, in particolar modo in Sardegna, esistono luoghi sacri, in cui gli uomini preistorici avrebbero costruito degli “apparecchi” per far sì che il Sole e la Luna potessero incontrarsi più facilmente, i pozzi sacri.

Sì, perchè ricolmi di acqua e in posizioni molto precise permettevano che il sole e la luna si specchiassero nello stesso momento, solo in occasione del solstizio invernale, cosicchè potessero sposarsi sotto gli occhi festanti dei devoti.

Nonostante non vi siano gli stessi pozzi, anche sul Carso e nei dintorni di Basovizza, vengono ricordati gli stessi rituali, anzi non è da escludere che queste doline siano state costruite proprio per questo scopo. Soprattutto non è da sottovalutare che l’unione di Sole e Luna equivarrebbe all’unione del regno della luce con quello del buio, metafora del dualismo tanto decantato proprio dal movimento bogomil.

Nel corso della storia, per contrastare la festa del 21 giugno, i cristiani istituirono la festa di San Giovanni, il 24 giugno. “Casualmente” anche il solstizio d’inverno festeggiato il 21 dicembre, venne contrastato dal 24 dicembre, la nascita di Gesù. Giovanni e Gesù, i due Messia per eccellenza, sarebbero nati 3 giorni dopo i solstizi. Il popolo sia il 21 che il 24, chiedeva le stesse cose, una terra fertile e una prole sana e forte. Dunque finiva che durante la stessa festa di San Giovanni, che doveva essere completamente cristiana, caratterizzata da preghiere e null’altro, le fanciulle erano solite dedicarsi a tanti piccoli rituali pagani, volti alla invocazione del matrimonio, dimostrando così che le culture pagana e cristiana erano perfettamente unite, come se fossero sposate! Il simbolo di San Giovanni, l’acqua, veniva utilizzato per compiere riti magici, veniva per esempio raccolta la rugiada della notte prima del 24, perchè considerata acqua dispensatrice di eterna giovinezza. In altri casi ci si immergeva nelle acque di fiumi o laghi sempre come richiamo all’immortalità. Era una sorta di battesimo della “carne”, perchè si ricercava salute, forza virile e fertilità. Si ricercava insomma la vita.

Era tradizione anche accendere un grande fuoco, che non era visto come simbolo del male, bensì come elemento purificatore alla pari dell’acqua.

Anche la figura delle fate era molto diffusa da queste parti, alla pari degli angeli, perchè anche loro sceglievano un bimbo da crescere e proteggere. Abbiamo l’ennesimo connubio di paganesimo e cristianesimo, perchè la figura buona e luminosa in questo caso è femminile, testimonianza della cultura antica matriarcale che ha donato per secoli a Dio un volto di donna.

 


LA DOLINA COME SI PRESENTA OGGI

Foto scattate da noi personalmente per documentare lo stato attuale della dolina così come si presenta nell’aprile 2017

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FONTI:

Carso Segreto

Carso Kras

Nel Mondo Nostro

Ilvandara e MT2

Commissione Grotte Eugenio Boegan

Sergio Sergas (video)

Per approfondire:

Dante Cannarella, “Leggende del Carso Triestino”, Ed. Italo Svevo, Trieste 2004

Dario Marini, “Leggende, dicerie, miti e misteri del Carso”, Gruppo Speleologico Flondar, Duino-Aurisina 2004

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