Dalle antiche fiere allo stendardo filostorico del Clan Tre Draghi

Sono fiere? O belve? O grifoni? O …perché no, DRAGHI?

Dalle antiche raffigurazioni rinvenute nei reperti al simbolo filostorico del nostro Clan.

GUERRIERI CELTI E DRAGHI

Già dal V secolo a.C. il tema dei “Draghi” era ben conosciuto, tale tema ornava alcuni puntali di foderi, ma è a partire dal IV secolo a.C. che si vede apparire sotto l’entrata di certi foderi di spada il motivo della coppia antitetica di mostri molto stilizzati battezzata dagli archeologi “Coppia di Draghi”. Si tratta in realtà dei guardiani mostruosi dell’albero della vita dei celti, la metamorfosi vegetale del dio solare dispensatore di vita e responsabile dell’ordine universale; la palmetta, rappresentazione simbolica dell’albero della vita, può essere del resto raffigurata fra i “Draghi”. In questo periodo questa rappresentazione diventa un emblema, un segno protettore che mostra probabilmente anche l’appartenenza ad una organizzazione sopra-tribale di guerrieri. La denominazione coppia di Draghi abbraccia due emblemi distinti: uno è il drago propriamente detto, con un corpo di serpente, una testa di solito presa a prestito dal grifone (come indica il becco ricurvo da rapace) e talvolta piccole orecchie a punta; l’altro è un mostro ritto sulla sua zampa posteriore con la testa rivolta all’indietro ed il corpo prolungato da un’ala ricurva che unito al becco da all’insieme una forma anulare. Il motivo iniziale può essere stato talvolta trasformato al punto di essere di difficile identificazione, è così per esempio per il fodero Cernon-Sur Coole (Champagne) dove uno solo dei due mostri è rappresentato (accompagnato da una mezza palmetta e preso in un viluppo vorticoso di curve) e su certi foderi danubiani in cui il tema si trova integrato in maniera criptica in una composizione che a prima vista è puramente decorativa. Circa duecento foderi così decorati riconosciuti fino ad oggi sono ripartiti sull’insieme dell’Europa Lateniana, dalla Gran Bretagna ai Carpazi e dal nord della Boemia alla valle dell’Ebro, con concentrazioni in certe regioni in cui i testi e le vestigia archeologiche attestano presenze militari celtiche legate al servizio mercenario, a spedizioni o a movimenti di popolazioni: l’Italia settentrionale, i territori dell’espansione danubiana, la Champagne del III secolo a.C., la valle del Rodano, il sito di Ensèrune in Linguadoca. Gli ultimi esemplari ornati di questo emblema sembrano provenire dalla periferia sud-orientale del mondo celtico e risalire all’inizio del II secolo a.C.

“L’altro ordine è quello dei cavalieri. Questi, quando c’è occasione ed al verificarsi di qualsiasi guerra…, sono tutti impegnati in battaglia. E quelli di loro più illustri per nascita e per risorse hanno il maggior numero di vassalli e dipendenti subordinati a loro”. (Cesare. Guerra Gallica. 6.15)
Uno degli elementi autenticamente interEuropei delle prime arti di La Tène è il motivo della coppia di draghi, che si trova sul lato superiore del frontale piatto di foderi celtici dal sud-est della Gran Bretagna ai Balcani, con ulteriori esempi a sud le Alpi e in Iberia (Stead, 1984 Megaw 2004, Megaw e Megaw 1989, Ginoux 1995). Composto da una coppia di opposte forme ad S con teste zoomorfe verso l’interno, le bestie rappresentate sono molto schematiche, e talvolta sono state pensate come grifoni, piuttosto che i draghi. Anche se gli studi precedenti (Jacobsthal (1944: 46, De Navarro 1972: 229) ha visto questi motivi come una prova di influenze orientaleggianti nella prima arte celtica, o anche come introduzione scita diretta in Europa centro-orientale, le successive scoperte in Occidente hanno ormai reso obsoleta questa visione. Come primo riscontro di una coppia di draghi è stato preso per convenzione l’esempio di una vecchia e mai completamente pubblicata sepoltura da Saint Jean-sur-Tourbe nella Marna, che dovrebbe appartenere ad una fase iniziale di La Tène (Harding 2007). Datatati alla fine del 4°/3° secolo, foderi coppie di draghi sono ben rappresentati in Europa orientale, in associazione allo stile di foderi ungheresi, come a Halimba, Jutas 3, Kosd e Szob (Harding 2007). Altri esempi sono stati ritrovati in sepolture di guerrieri celtici a Plovdiv, in Bulgaria e a Piscolt in Romania (Megaw 2004 Szabó e Petres, 1992 Pl. 96). È interessante notare che, una variante del motivo della “Coppia di Draghi” è stato trovato su un carro celtico in bronzo da Bobata Fortress (regione Schumen) nel nord-est della Bulgaria, anch’esso risalente al 3° c. BC. La natura sovra tribale dei foderi con coppie di drago, un fenomeno unico nell’Europa celtica, pone logicamente la questione di capire se questo motivo abbia avuto un significato al di là di un semplice senso artistico. Che una distinta classe di guerriero/élite esistesse nella società celtica è un fatto ben documentato, e c’è la possibilità che le insegne della coppia di draghi, che attraversano i confini geografici e tribali, abbiano rappresentato un gruppo speciale all’interno di questa classe guerriera, cioè un ordine inter-europeo di guerrieri d’élite.

Da sinistra a destra:
– Parte superiore del fodero di ferro da Casalecchio di Reno nei pressi di Bologna. La decorazione incisa (embleema della coppia di grifoni stilizzati) è ottenuta in rilievo con una matrice (fregio vegetale). IV secolo a.C.
– Fodero di ferro dalla tomba a incinerizione n°6 di Dobova (Slovenia). III secolo a.C.
– Fodero di ferro da Magyarszerdahely (Ungheria). Seconda metà del III secolo a.C.
– Frammento di fodero di ferro da Dvorovi kod Bijejline (Bosnia). Emblema della coppia di mostri anguiformi (“lira zoomorfa”). Prima metà del III secolo a.C.
– Fodero di ferro con incrostazioni di corallo dalla tomba a incinerazione n°163 di Ensérune (Linguadoca). Prima metà del III secolo a.C.

Da sinistra a destra:
– Bozza simbolo filologico ClanTreDraghi
– Simbolo filologico ClanTreDraghi
– Simbolo filologico ClanTreDraghi su sfondo ritaglio di mappa della Gallia Cisalpina
– Simbolo filologico ClanTreDraghi su Gallia Cisalpina (in bianco o nero i popoli celti, in rosso le popolazioni non celtiche)
– Bozza stendardo filologico del ClanTreDraghi
– Stendardo filologico del ClanTreDraghi


APPROFONDIMENTI

 

Sviluppo della decorazione del fodero di ferro da Bolcske-Madocsahegy (Ungheria). Vi si possono distinguere due volti allusivi: uno più grande con in capo la doppia foglia di vischio; l’altro, più piccolo e cornuto. Rovesciato, il fodero permette di distinguere l’evocazione del volto circondato dalla doppia foglia e inquadrato dalla coppia di mostri dalla testa di grifone, con il becco rivolto verso l’esterno. E’ un buon esempio di rappresentazione occultata, caratteristica dell’arte celtica al suo apogeo. III secolo a.C. Larghezza: 57mm. Budapest, Magyar Nemzéti Mùzeum.

Particolare della decorazione di ferro traforato, applicata su un fodero dello stesso metallo, dalla tomba n°8 della necropoli di “La Perriére” a Saint-Benoìt-sur-Seine (Borgogna). I due mostri dalla testa di grifone sono raffigurati alla rovescia, con il becco adunco rivolto verso l’esterno, come sull’attacco di Waldalgesheim. Prima metà del III secolo a.C. Larghezza: 71mm. Troyes (Borgogna), musée des Beaux-Arts et d’Archéologie.

LA COPPIA DI DRAGONI IN POSIZIONE SPECULARE SUL GANCIO DELLA TOMBA DI MONTEBELLO VICENTINO

“Primi apporti celtici da Montebelluna (Pedemontana Veneta)”
[…] in un’unica cassetta lignea erano stati deposti due ossuari di bronzo tipicamente alpini. Una situla racchiudeva i resti mortali di una coppia: l’uomo era accompagnato da una panoplia costituita da lancia, giavellotto e coltello da parata, raro per la placca in ferro traforata, che trova significativamente confronti nella stessa necropoli e nel Veronese; il rango e il ruolo della donna sono espressi dallo “scettro-conocchia” in bronzo tipicamente veneto e da una serie di ornamenti che rimandano a un ampio areale , dal Caput Adriae a Golasecca. Una cista cordonata conteneva i resti di un terzo individuo, donna e/o bambino: il corredo include elementi di collana e due ganci di cintura di piccole dimensioni, l’uno in bronzo di foggia locale, l’altro di ferro traforato a “lira zoomorfa” di tipo celtico. A Montebelluna sono noti altri ganci simili, ma più grandi: quello della tomba posmon 29 presenta il motivo dei due draghi affrontati, ben noto nell’area ticinese, ed è associato a fibule anch’esse di tipo La Tene antico in un corredo probabilmente maschile […]

localizzazione di Montebello Vicentino (elaborazione di A. Bondini) |/| Museo di Archeologia e Scienze Naturali “Giuseppe Zannato” di Montecchio Maggiore, gancio di cintura traforato da Montebello Vicentino, metà V-inizi IV secolo a.C. |\| Ganci traforati di cintura da Montebello Vicentino e da Misincinis di Paularo, V secolo a.C. (disegni di A. Bondini)

I ganci di cintura traforati

I ganci di cintura traforati costituiscono l’elemento di chiusura del sistema di sospensione che assicurava il fissaggio dell’arma (la spada o il coltellaccio) al corpo del guerriero. L’avvolgimento delle cinghie di cuoio (non conservate), raccordate da anelli (di solito rinvenuti assieme ai ganci), avveniva al fianco o sul torace e l’allacciamento del gancio poteva essere orizzontale o verticale: lo si deduce anche dalla decorazione, leggibile in uno dei sue sensi, talvolta in entrambi. Il gancio della tomba 2 di Montebello Vicentino presenta come motivo decorativo principale una coppia di dragoni in posizione speculare, un elemento caro all’arte celtica, spesso riprodotto anche sui foderi di spada per il suo valore apotropaico, ossia di protezione dai pericoli e dalle influenze maligne. Nell’esemplare sporadico dalla stessa necropoli i due animali fantastici sono sormontati da cavallucci marini, mentre tra gli avvolgimenti dei loro corpi si trovano uccelli acquatici affrontati: è un raffinato schema iconografico che si ritrova quasi identico su altri ganci provenienti dall’area ticinese, tanto da far pensare alla circolazione di modelli e degli artigiani che li producevano. Nella stessa area trova raffronti il gancio da Paularo, di forma triangolare, con bordo a fascia traforato e all’interno una belva dalla forma sinuosa. L’esemplare della tomba 13 di Montebelluna presenta una decorazione più astratta a motivi circolari: si tratta di una tipologia diffusa in tutto l’arco alpino centro-orientale e concentrata a Este, che potrebbe esserne il centro ispiratore. Le officine locali infatti rielaborano i modelli dei ganci creando fogge adatte al gusto delle popolazioni indigene, che spesso li accolgono reinterpretandone la funzione. Questi ganci, che nel mondo celtico sono associati alla cintura porta-spada del guerriero, in ambito veneto di pianura sono spesso adottati all’interno di corredi femminili come oggetti esotici e alla moda, mentre lungo l’arco alpino sono utilizzati nel costume maschile, per la sospensione di armi di tipologia locale.

LA DECORAZIONE “DRAGON PAIR” SUL FODERO DELLA SPADA DI MONTE BARDA-ROBA (FRIULI ORIENTALE)

“Monte Barda-Roba (Alta valle del Natisone)”
Nel Corso di limitate indagini archeologiche condotte successivamente, all’interno di un cerchio irregolare di massi è stata recuperata una spada celtica piegata ancora nel suo fodero; il puntale del fodero era deposto, staccato, presso l’arma. La spada presenta vari segni di danneggiamento volontario: sia fodero che spada hanno una profonda infossatura nella parte alta, prodotta quando l’arma era ancora infilata nel fodero, e il puntale del fodero è stato divaricato, secondo una pratica molto diffusa nei luoghi di culto celtici. La spada, che forse faceva parte di un’intera panoplia, è databile al III secolo a.C., analogamente alle altre armi recuperate prima dell’avvio dello scavo: dimostra pertanto una presenza celtica piuttosto precoce nel Friuli nord-orientale. […]

Monte Barba-Roba, la spada nel corso dello scavo |\| Depositi della Soprintendenza Archeologia del Friuli Venezia Giulia presso il Museo Archeologico Nazionale di Cividale, elementi di panoplia di guerriero da Monte Barba-Roba: spada e fodero decorato (ripiegati e defunzionalizzati), due punte di lancia, un elemento di catena di cintura portaspada, prima metà del III secolo a.C. (disegno di G. Righi) |\| Guerriero celtico di alto rango della metà del III secolo a.C. ricostruito sulla base del materiale rinvenuto sul Monte Barbe-Roba (disegno di G. Righi, D. Montesano) |\| Depositi della Soprintendenza Archeologia del Friuli Venezia Giulia presso il Museo Archeologico Nazionale di Cividale, fodero con ricostruzione della spada di Monte Barba-Roba, prima metà del III secolo a.C. (disegno di G. Righi) |\| Decorazioni incise dell’imboccatura del fodero della spada di Monte Barba-Roba (disegni di G. Righi), a confronto con quelle del fodero da Godollo, Budapest (da Megaw, Megaw 1990)

La spada di Monte Barda-Roba

La spada in ferro era l’attributo principale dei guerrieri celti di alto rango e simbolo del loro status. Essa fece parte dell’armamento del guerriero dal V secolo a.C. – fine della prima età del ferro – sino alla romanizzazione, evolvendo progressivamente nella sua tipologia. Arma agli inizi essenzialmente usata dai fanti, via via si modificò sino alla fase finale, soprattutto in lunghezza, divenendo arma da cavaliere. La spada di Monte Barda-Roba appartiene al periodo della massima espansione dei Celti (circa alla metà del III secolo a.C.). Un’arma come questa era spesso finemente lavorata da artigiani specialisti mediante ribattitura di più fili di ferro e acciaio intrecciati, oppure con i due fili riportati in acciaio. Ma l’aspetto che distingue questa spada è la decorazione incisa, posta sotto l’entrata del fodero in ferro, che caratterizza l’arma come appartenente ad un guerriero di altissimo rango. Si conoscono attualmente oltre un centinaio di foderi decorati dalle isole Britanniche, Francia Italia settentrionale, Austria, Germania, Svizzera, Balcani, Boemia, Moravia e Ungheria. Il motivo – uno dei principali conosciuti – è caratterizzato da un complesso disegno tipico dell’are celtica detto “dragon pair”. Il motivo a doppio dragone, come dimostrato da uno dei più autorevoli studiosi di arte celtica (J.V.S. Megaw), è derivato e rielaborato dalla palmetta di origine classica, che i Celti portano in area transalpina dopo le prime invasioni nella Penisola all’inizio del IV secolo a.C. e, inseguito, a precoci contatti commerciali. Secondo lo studioso le decorazioni simboleggiavano il rango e il valore acquisito in battaglia ed avevano la funzione di allontanare il pericolo «mediante la fierezza di esotiche fiere». Questi motivi entrano a far parte delle grandi saghe eroiche dei Celti, divenendo – nelle loro varianti – il maggiore simbolo del guerriero per almeno due secoli. Erano inoltre, secondo alcuni studiosi, segni distintivi di confraternite militari, forse i soldurii, una milizia vincolata alla fedeltà assoluta ai propri capi, sino a condividerne la morte in battaglia.


FONTI:
“I Celti” di Venceslas Kruta, pag.201
Balkancelts: BROTHERHOOD OF THE DRAGON? Celtic dragon-pair scabbards
Celti sui Monti di Smeraldo

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